Come il Lupo in La zuppa di sasso (di Anais Vaugelade), ecco il viaggio di servizio in servizio, dai Comuni forlivesi, al Montefeltro, passando per Cesena, zona Rubicone e Rimini.
Quando arrivo, chiedo uno spazio e un tempo dove fermarmi in cerchio con gli operatori, e dove gli stessi operatori hanno la possibilità di fermarsi, di mettere pausa alla loro operatività e di sospendere per un attimo il loro FARE L’OPERATORE.
Dal mio “sacco” di conoscenze e di esperienze, tiro fuori opportuni inviti a riflettere sul proprio lavoro, a contemplare il proprio fare quotidiano, a portare attenzione e consapevolezza sulla propria operatività.
Assieme, in cerchio e in condivisione, favorisco, nutro e alimento il loro ESSERE OPERATORE, quello legato ai processi attentivi, contemplativi, riflessivi e di consapevolezza, che ci aiutano tanto a nutrirci di benessere, piacere e di appagamento.
Con la supervisione, l’operatore si sente bene e gratificato, non solo perché sente di essere visto e considerato nei suoi bisogni, difficoltà e fatiche, ma anche perché sente di essere riconosciuto e valorizzato per le sue capacità, competenze e talenti di cura.

Con la supervisione, l’operatore dispone di un tempo e di uno spazio piacevoli e appetitosi, fatti di presenza, attenzione e premura, dove ciascuno dei partecipanti, supervisore incluso, si sente bene, in uno stato di BENESSERE proprio come nella scena finale della Zuppa di Sasso: assieme, vicino al fuoco di un camino, con un bel bicchiere di vino, attorno ad una grande pentola, piena di zuppa calda e gustosa, fatta da ingredienti che ciascuno ha portato con sé per l’occasione.

Alla fine dell’incontro, il supervisore si allontana per incontrare un nuovo gruppo di lavoro, sperando che tale stare meglio, duri il più a lungo possibile.

Testimonianza di Cristiana Ricotti – Disegno di Francesco Pizzinelli

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